Cascina Brandezzate

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Negli scorsi articoli abbiamo esaminato in dettaglio il borgo di Macconago, con la sua parte rurale e quella artistica. In questi prossimi ci occuperemo delle cascine adiacenti, a cominciare da quella che sorge dirimpetto: la cascina Brandezzate, antico edificio lombardo risalente al XIV secolo.
Le origini della cascina (marzo 1397 - febbraio 1404) sono infatti certificate da documenti depositati presso l’Archivio di Stato di Milano, i quali attestano l’esistenza di un edificio di proprietà della Certosa di Pavia che ospitava una locanda, “La taberna de la Brandezzata”. Nel XV secolo la “taberna”, pur rimanendo di proprietà dei monaci certosini, fu trasformata in cascina (“La cascina Brandezzata”), i cui confini vengono delineati nella prima mappa del Comune di Quintosole nel 1510; la proprietà conta un’estensione di terreno ammontante a 414 pertiche milanesi,.ovvero, dato che 1 pertica milanese = 654,5 mq, un appezzamento di 270963 mq, pari a circa 27 ettari. Nello “Status animarum” (registro parrocchiale anagrafico) del 1568 vi sono censite cinque famiglie per un totale di 28 persone. Il 12 agosto 1843 l’Ospedale Maggiore di Milano acquista la cascina dalla signora Maria Ancilla Rossi, ultima discendente della famiglia che ne era stata proprietaria sin dall’inizio del XVIII secolo: il terreno coltivato pertinente alla cascina ha a questo punto raggiunto un’estensione di 745 pertiche di terreno coltivato (poco meno di 50 ettari).
La struttura della dimora è a una corte, corrispondente a un unico complesso agrario gestito dalla proprietà coadiuvata dai dipendenti. Essa risulta costituita dalla Casa padronale, dalla Dimora dei salariati, dalle Stalle, sovrastate dai Fienili, e dal Deposito per attrezzi agricoli, tutti bassi fabbricati delimitanti l’aia. Dal 1843 a oggi la cascina è rimasta di proprietà all’Ospedale Maggiore di Milano che ne ha dato in affitto terreni ed edifici, ferma restando la destinazione d’uso ad azienda agricola. Ma di fronte all’evidente stato di disuso e di degrado degli edifici della cascina, nel 1997 alcuni cittadini hanno costituito un gruppo di lavoro interprofessionale per trasformare l'azienda agricola in residenza sanitaria e di cultura aperta alla cittadinanza. L’iniziativa è nata dal desiderio di ridare vita a un luogo abbandonato e al contempo destinarlo ai malati inguaribili e terminali della città di Milano. Uno spazio dimenticato è così diventato un Luogo di Vita e di Incontro della Comunità (Lu.V.I.), adatto ad accogliere e accompagnare i malati nell’ultimo periodo della loro vita. In essa sono infatti in corso i lavori per realizzarvi, a cura della IRCCS dell’Ospedale Maggiore, una struttura sanitaria con funzioni di Hospice, Day Hospital e Cantro di Ricerca e Formazione per cure palliative al termine della vita, che sarà gestita dalla Fondazione Lu.Vi Onlus. Ciò sta comportando anche il recupero degli edifici della cascina stessa, a cominciare da quello sito a nord, Inoltre, dato che l’area rientra nel Parco Agricolo Sud, il committente “si impegna a realizzare una sistemazione a verde di tutte le aree esterne al perimetro degli edifici. A tal fine è prevista la piantumazione di n° 80 essenze arboree di tipo autoctono (mescolando Carpinus betulus e Quercus robur) unitamente alla piantumazione di siepi di biancospino a protezione dei parcheggi esterni.” (deliberazione n. 01/2010, Atti n.14684/7.4/2009/493 del Consiglio Direttivo del Parco Agricolo Sud Milano).
Dal punto di vista artistico è interessante la casa padronale, sita sul lato nord della corte, sul cui tetto si trova anche un campaniletto a vela, come è caratteristico di molte cascine lombarde; l’edificio a sud versa al momento in condizioni estremamente degradate per cui non è facile cogliere elementi artistici degno di nota, anche perchè l’accesso all’edificio stesso è transennato causa pericolo di cedimenti.