Graffignanone e dintorni

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Negli scorsi articoli ci siamo occupati di Fonteggio e del gruppo di cascine facenti capo alla Chiesa Rossa, concludendo di fatto così il nostro excursus tra le cascine che ancora hanno una qualche caratteristica di ruralità; ve ne sono però altre, ormai inurbate, che ci ricordano come un tempo il contado si estendesse fin ben dentro i confini della città odierna, verso il centro.
In particolare, occupandoci della zona amministrativa 5, esamineremo in questo e nei prossimi articoli borghi e cascine ancora visibili o quanto meno intuibili che nel passato svolgevano attività agricola e sono ora memoria e testimonianza del passato rurale di Milano.
Tra le cascine inurbate, un certo numero di esse si trova (o trovava) nella zona di piazzale Chiaradia, ed è da qui che inizieremo; l’insediamento più importante della zona era senz’altro il Graffignanone, demolito completamente nel 2002 dopo lo sfratto delle famiglie che ancora vi abitavano. Prendendo il nome dall’antica cascina Graffignana, località già riportata sulla carta del Claricio del 1600, il Graffignanone era in realtà un piccolo borgo, quasi un paese, costituito da case di ringhiera, al cui interno si trovavano anche le aule di un asilo e di una scuola elementare (al pianterreno), oltre ad una panetteria. Il suo lato prospiciente la via Antonini (civico 32) era una lunga fila di casette ad uno o due piani, orientate verso sud-est, parallelamente alla via Verro. In esso vivevano 120 famiglie con circa 500 bambini, nel momento di suo massimo sviluppo.
Nell’isolato al di là della via Verro, a lato della scuola, si trovava fino a poco tempo fa un’altra piccola cascina, detta Torchietto o Torcetto, voce quest’ultma derivata evidentemente dal dialetto milanese, e ora scomparsa; al suo posto sorgono tre moderne villette. La cascina constava di un edificio a corte quadrata aperto su un lato, e di uno a elle che ne affiancava il lato sud-est; la cascina era infatti sita in diagonale rispetto all’asse nord, e sorgeva all’angolo tra la via Verro e il prolungamento della via Ada Negri, che un tempo era un strada di campagna che collegava la via dei Fontanili alla stessa via Verro. Su questa via, a metà strada tra le due vie e quindi in corrispondenza della via Antonini, si trovava fino alla fine del XIX secolo anche la cascina Torchio (da cui ha preso il nome la Torcetto), che era riportata sulla Carta del Claricio del 1600.
Più ad ovest, alla stessa altezza, e quindi anch’essa posta in corrispondenza dell’attuale stradone, sorgeva nel XIX secolo la cascina Mojraga, toponimo assai diffuso (vedi ad esempio la frazione Moirago di Zibido San Giacomo, che si trova ancor oggi lungo il Naviglio Pavese appena a sud di Rozzano); e poco a nord di essa sorgeva una Cascina Guzzafame, anche questo toponimo assai comune (vedi cascina omonima nel territorio di Gaggiano).
Abbiamo menzionato la via dei Fontanili, sita poco discosto, il cui nome testimonia la ricchezza di acque sorgive, tipica della bassa Pianura Padana, e ricorda quindi indirettamente la cospicua presenza di cascine nella zona; essa conduceva (e conduce) dal borgo di Morivione, di cui parlerò prossimamente, al già descritto borgo del Vigentino.
Nel prossimo articolo esamineremo le cascine presenti e passate di questa via, per poi trasferirci nella zona del Cavo Ticinello, più ad ovest.