A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nello scorso articolo ci siamo occupati della storia e dello sviluppo della località di Gratosoglio, abitato rurale riunito attorno al monastero di San Barnaba, di cui abbiamo velocemente tracciato le vicende. In questo articolo invece vedremo come è cambiata la situazione nel XX secolo, ed in particolare nel secondo dopoguerra.
Fino agli anni ‘50 infatti Gratosoglio era un bel paesino di campagna, sperduto tra le marcite di proprietà dell’Ospedale Maggiore (fatto piuttosto comune all’epoca). Il fiume Lambro Meridionale, allora azzurro, limpido e pescoso (e non ancora deviato all’esterno dell’abitato, come è ora) lo attraversava dopo aver sfiorato cascina Santa Croce: s’incuneava quindi tra le case, ove c’era un ponticello, indi passava davanti alla vecchia chiesa di San Barnaba formando una piccola cascatella, e qui si divideva in due tronchi, nel mezzo dei quali sorgeva una casa, che veniva chiamata “la barchetta” per via della sua forma particolare. Alle spalle della casetta sorgeva il Cotonificio Cederna, fondato nella seconda metà del XIX secolo, che svolge tuttora la sua attività in via Gratosoglio, e che come vedremo ebbe grande parte nella storia della Gratosoglio recente; negli anni ’20 aveva anche fatto costruire nel borgo un campo da calcio per i dipendenti..
Nel rustico dell’ex-monastero, che formava un cortile chiuso sito al centro dell’abitato, abitava un personaggio piuttosto ricco, tanto da permettersi cuoco e cocchiere, e al posto delle Scuole dell’Arcadia invece sorgeva un edificio rurale le cui vacche andavano ad abbeverarsi al fiume.
In seguito il percorso del Lambro Meridionale venne rettificato e spostato, ed ora il corso d’acqua passa al di fuori dell’abitato di Gratosoglio, fungendo da confine occidentale del borgo (la via dei Missaglia funge di fatto da confine orientale).
Ebbene, proprio lungo il tragitto attuale del fiume si trova, al civico 115 di via Gratosoglio, una graziosa casetta a due piani detta “Ca’ di mort”, che deve il nome al fatto di sorgere là dove, dal 1786 al 1896, sorgeva il cimitero di Gratosoglio (poi sostituito da quello dei Tre Ronchetti).
Fino agli anni ’60 del XX secolo i residenti si recavano a Milano con il tram, percorrendo a piedi il lungo tratto che li separava dal capolinea; molti di loro però lavoravano al citato Cotonificio Cederna e altri alle Cartiere Bogarelli (poi Cartiere di Verona).
L’ambiente bucolico e molto curato del paesino venne sconvolto dal 1963, quando il prestigioso studio BBPR (Barbiano di Belgiojoso, Peressutti, Rogers, essendo Banfi deceduto nel 1945) che, ricordo a titolo di esempio, aveva anche progettato la Torre Velasca, costruì per l’Istituto Autonomo delle Case Popolari (ai tempi infatti si chiamava così: IACP) una serie di palazzoni a nove piani, cui seguirono le torri bianche di sedici piani, ultimate nel 1971; nello stesso anno venne anche costruito il Quartiere Missaglia a cura dell’impresa romana Fintech Italcamus, che pure aveva fornito la tecnologia di prefabbricato per i precedenti edifici.
Gratosoglio non sarebbe mai più stata la stessa, e la sua parte rurale scomparve definitivamente; ancora oggi, per vedere i campi occorre attraversare i confini del borgo: da una parte per recarsi ai Tre Ronchetti, dall’altra per raggiungere Cascina Basmetto, di cui parlerò in un altro articolo.
Concludo menzionando ciò che rimane della gloriosa abbazia di Gratosoglio e del suo monastero dedicato a San Barnaba,
Camminando nel centro storico di Gratosoglio è ancora possibile scorgere i resti di quella che fu una importante istituzione religiosa cittadina: all’angolo tra via Feraboli e via Gratosoglio, infatti, è visibile la canonica dell’antica abbazia vallombrosiana, che dopo un sapiente recupero mostra sui muri elementi architettonici del passato. Di fianco si trova la chiesa abbaziale, ridotta a magazzino: se con un po’ di fatica si può immaginare l’antica facciata a fasce colorate, con la statua lignea del santo in cima; nulla rimane dell’interno dove si trovavano quattro cappelle che fiancheggiavano l’unica navata.
L’area passò infatti, con una permuta, al Cotonificio Cederna, in cambio di un terreno su cui sarebbe stata costruita la nuova parrocchiale. Nei primi anni Sessanta, così, il Cederna decise di costruire abitazioni per i dipendenti, demolendo le cappelle e i cunicoli sottostanti.
Si conclude qui il nostro excursus su Gratosoglio, borgo che per almeno due millenni fu rurale ed oggi è stato completamente inurbato.