A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nello scorso articolo abbiamo incominciato ad esaminare la chiesa di Santa Croce, sita in via Sidoli 6, dal punto di vista storico; in questo articolo iniziamo a considerarne l'aspetto artistico, a partire dal suo autore.
La chiesa, infatti, alta circa 22 metri e profonda 50, è opera di Cecilio Arpesani, e la sua costruzione durò dal 1913 al 1917.
Dopo avere frequentato l'Università di Pavia, Arpesani si iscrisse alla Scuola Speciale di Architettura presso il Regio Istituto Tecnico Superiore (poi Politecnico) di Milano, dove si laureò in ingegneria civile nel 1875. Cecilio appartiene alla generazione di professionisti milanesi rappresentata da Luigi Broggi, Luca Beltrami, Antonio Citterio, tutti nati nella prima metà degli anni Cinquanta dell'Ottocento. Tra le sue opere più importanti vanno ricordate la villa di Cremella (1890-94) e la palazzina della famiglia Sessa di via Ariosto a Milano (1900-06), mentre per quanto riguarda gli edifici sacri, oltre a un progetto per la chiesa di Sant'Agostino in via Copernico,
sono da ricordare quello per la chiesa di Legnanello (1901-05) e quello per
l'asilo Ratti (nel borgo di Trenno, 1903-08); Arpesani divenne inoltre socio onorario dell'Accademia di Belle Arti di Milano nel 1895.
La chiesa, in stile basilicale paleocristiano, pur essendo stata progettata nel secolo ventesimo, richiama quindi tempi precedenti, e di questi coglie in particolare un aspetto, quello della "catechesi popolare": essa infatti propone insegnamenti religiosi a chi la visita, vuoi con gli affreschi, vuoi con i numeri, usati come simboli.
Così, ad esempio, l'ampia scalinata che porta all'ingresso conta 10 gradini, come 10 sono i Comandamenti ricevuti da Mosè sul Monte Sinai; allo stesso modo i gradini per giungere al ciborio, nel presbitero, sono 7, come i Sacramenti; e da lì, per giungere al tabernacolo, ci sono tre gradini ulteriori, che vogliono significare che per poter comunicarsi a Cristo occorrono le tre virtù Teologali (ossia Fede, Speranza e Carità). Molti altri sono i riferimenti numerici, ma quello forse più interessante è quello del numero 12, come i gruppi di persone sull'affresco absidale: si riferiscono all'Apocalisse di Giovanni, quindi al giorno del giudizio, e nel gruppo "in vesti bianche" è raffigurato simbolicamente ognuno di noi.
Detto questo, che vi aiuterà a interpretare i significati delle opere contenute nella chiesa, passiamo all'esame dell'edificio iniziando dall'esterno.
La prima cosa che colpisce è senz'altro la larga scalinata che porta all'ingresso della chiesa, costituito da un pronao retto da 12 colonne in granito di Baveno con capitelli corinzi (simboleggianti le dodici tribù d'Israele, ad indicare l'accoglienza verso tutti), il cui soffitto richiama i cassettoni (pur essendo in cemento). La porta centrale riporta formelle in ceramica policroma, che raffigurano vari simboli cristiani e riportano i nomi degli evangelisti.
La facciata è ricca di mosaici (eseguiti nel 1961 dalla ditta Sgorlon su disegno di Paolo Rivetta, artista molto attivo a Milano in quegli anni) e oro, e in alto, nel timpano, due angeli glorificano la Croce mentre alle due estremità sono raffigurati due serafini.
Questa immagine riassume bene ciò che si troverà anche nell'interno: la chiesa infatti non solo è intitolata alla Santa Croce ma anche le opere al suo interno sono dedicate alla presenza della Crcce nei primi due millenni di storia cristiana; l'altro aspetto molto presente sono gli angeli, intesi come mezzo per raggiungere la beatitudine, e nella chiesa se ne trovano innumerevoli, raffigurati molto spesso nel canto, come vedremo più avanti.
Se la facciata ha un aspetto notevole, ancora di più lo ha l'interno, con un susseguirsi di affreschi che rapisce lo sguardo, soprattutto dopo che ci si è abituati alla differenza di luce tra esterno e interno.
La chiesa è a tre navate, tra loro intervallate da arcate a tutto sesto rette da nove colonne con capitelli corinzi (il nove rappresenta i nove Cori Angelici di cui Sant'Ambrogio parla per la prima volta nel IV secolo); la parete centrale termina con un'abside, mentre alle navate laterali sono stati successivamente aggiunti due corridoi laterali, in cui sono state ricavate numerose cappelline devozionali, tra cui quelle dedicate a Santa Rita, alla Vergine Addolorata, al Crocifisso, a Sant'Antonio da Padova e al fondatore degli Stimmatini, il già ricordato San Gaspare Bertoni.
Dal corridoio destro si scende altresì nella cripta, ora adibita ad aula di preghiera, che ospita le lapidi dei caduti della prima guerra mondiale; in
passato era decorata con motivi catacombali realizzati nel 1918 dal Cisterna e rimossi nel corso di una ristrutturazione nel 1968.
Nel prossimo articolo ci occuperemo del ciclo di affreschi che ricopre tutte le pareti della chiesa.