A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nella zona nord di Milano, nei pressi di piazza Maciachini, si trova un borgo che prende il nome dal Santuario che vi venne eretto più di 500 anni fa. Si tratta del borgo di Fontana, che sorge accanto al Santuario dedicato alla Vergine Maria, frutto di un voto.
Il borgo ha come centro la piazza dedicata, come la chiesa, a Santa Maria alla Fontana, e si sviluppa principalmente lungo le vie Thaon di Revel e Boltraffio.
Questo borgo prendeva il nome dalla fonte (detta 'dei Visconti') che, già nei tempi antichi, produceva acqua considerata taumaturgica e indicata per curare in particolare disturbi dell'apparato osteo-articolare come artrosi e artriti.
Secondo la tradizione, nel 1507 Carlo II d'Amboise, governatore della città, si bagnò alla fonte e, sentendosi guarire dalla malattia, dispose che sopra la fonte fosse costruita una chiesetta dedicata alla Madonna.
Anche se nel 1511 Carlo morì, i suoi piani di rendere sacra la fonte che lo aveva sanato non si arrestarono, grazie anche ai monaci di San Simpliciano, che curavano l'amministrazione del luogo e ottennero da Giovanni Gaspare Visconti la donazione di un terreno per la costruzione del santuario e degli edifici annessi.
Il santuario originario, quello che ancora oggi si può visitare in un cortile della chiesa di Santa Maria della Fontana, dove ancora si trova la fonte in cui Carlo d'Amboise si bagnò, fu progettato e realizzato nel 1508 da Giovanni Antonio Amadeo, come attestato da un documento rinvenuto recentemente da Grazioso Sironi.
La zona fu affidata nel 1547 ai frati minimi di San Francesco di Paola, che ottennero la proprietà della chiesa con terre e diritti per donazione dei monaci di San Simpliciano; nel '600 venne edificata una nuova chiesa, che nella parte absidale sussisteva sul sacello della sacra fonte, mentre i frati vissero nel convento fino al 1675 quando si trasferirono a Sant'Anastasia, situato in Porta Nuova.
Va sottolineata in tutto questo periodo l'importanza del santuario anche dal punto di vista sanitario: già il Cesariano nel Cinquecento indicava infatti Santa Maria alla Fontana come una delle strutture sanitarie principali a Milano, insieme a Ca' Granda e Lazzaretto.
Il 25 dicembre 1787 l'area venne convertita in parrocchia nel comune dei Corpi Santi fuori Porta Comasina e nel 1798 ll convento venne soppresso.
Nel 1922 la chiesa superiore fu pesantemente trasformata da una ricostruzione operata dagli architetti Griffini e Mezzanotte, che diedero alla facciata un aspetto ispirato al Rinascimento Lombardo, quello stesso che ancora oggi la caratterizza.
Dal punto di vista architettonico, il complesso del Santuario di Santa Maria alla Fontana è costituito da un piccolo sacello a pianta quadrata cui sono accostati due chiostri pure quadrati e sul quale poggia la chiesa superiore, circondata da un portico sui quattro lati e ricostruita come detto nel 1922 da Griffini e Mezzanotte. Dietro al sacello una piccola sagrestia a volta lunettata occupa quattro campate in larghezza e due in profondità. Fulcro compositivo del santuario, il sacello inferiore fu ristrutturato significativamente da Ferdinando Reggiori nel 1956; presenta una complessa e originale volta dodecagonale che utilizza, su base circolare, il principio costruttivo delle voltine a vela largamente applicato su ambienti rettangolari.
La volta del sacello pare in relazione a modelli dell'antichità romana, con particolare riferimento alle strutture termali.
I confronti con modelli romani possono poi essere estesi ad altri elementi del complesso, come i capitelli dorici che richiamano quelli a parete del tempietto bramantesco di San Pietro in Montorio, o le paraste rastremate del secondo ordine che, sovrapposte ai piloni, costituiscono la struttura portante dell'edificio, conclusa da un architrave aggettante e da archi ciechi con cerchi inscritti.
L’interno del santuario è dominato da una navata con ordine ionico, sotto cui si scorgono splendide cappelle presenti su entrambi i lati. Il Sacello si trova infatti dietro e sotto l’abside ed è coperto da una volta a ombrello.
Nel sacello, nei portici e nella volta della sagrestia sopravvivono alcuni brani di pittura decorativa originaria, seppure in condizioni di grave deterioramento, i cui ornati sembrano richiamare quell'esuberante gusto decorativo diffusosi vastamente a inizio Cinquecento in seguito alla straordinaria scoperta degli antichi apparati decorativi romani, da quelli contenuti nella Domus Aurea di Nerone a quelli della villa adrianea di Tivoli.
Dalla descrizione seicentesca del Lanovius risulta che la chiesa fosse dotata di tre fontane: due interne, presso l'altare maggiore, la terza nel grande piazzale antistante, meta di ammalati.
A quest'ultima struttura sono stati riferiti, per ora in via ipotetica, due disegni del Civico Gabinetto del Castello Sforzesco attribuibili al Bambaja e contenenti progetti per fontane monumentali: si tratta di complesse strutture architettoniche arricchite da statue e rilievi a tema mariano.
Ancora ai giorni nostri, sgorga dalla pietra medievale l’acqua “miracolosa” con i suoi “undici zampilli”, che rilasciano 11 note diverse; solo che invece dell'acqua miracolosa zampilla acqua dall'acquedotto comunale, in quanto nel XIX secolo a causa di un incendio la falda della zona venne inquinata.
Il Santuario può essere raggiunto a piedi dalla fermata Zara (M3 e M5).
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