A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Cercando di ricostruire i tracciati ottocenteschi della nostra zona, si fa poca fatica ad identificare il tracciato del cosiddetto "Strettone". Esso infatti coincide con le attuali vie Muratori e Tertulliano, inclusa la parte oltre la ferrovia, di fianco all'attuale palazzo dell'INPS di via Toffetti.
Cerchiamo allora di ritrovare le tracce del passato negli edifici attuali. :p.La strada inizia dalla Porta Romana, che possiamo ricordare chiusa, nel suo portone in legno, alla sera, con i pellegrini provenienti da fuori Milano costretti a trovare riparo negli alloggi circostanti (come citato in un altro articolo, un esempio e' l'Osteria della Carita', cioe' la casa sita attualmente all'angolo tra Strada della Carita' e Corso Lodi, recentemente ristrutturata, e che nel tempo aveva anche ospitato la trattoria Isola). I primi palazzi lungo la strada sono per lo meno centenari (eccettuato il disomogeneo residence), ed in particolare il civico numero 7 conserva nel cortile due colonne con capitello, integrate nel muro. Dietro, il simpatico villaggio dei legnami con casette in legno in stile nordico.
Andando verso l'esterno della citta' si incontrava, fino a pochi mesi fa, la suggestiva cascina Paradisietta (o Paradisella), che una strana concezione dell'edilizia di qualche giunta ha condannato ad essere sostituita da un anonimo edificio, non curandosi del fatto che questa cascina compariva su mappe parecchio antiche. Appena dopo l'incrocio con la via Lazzaro Papi (caratterizzato dal monumento cosiddetto "Trii ciocch"), sulla destra, la' dove ora vi sono le rovine di un edificio demolito un decennio fa e mai riedificato, si trovava una stazione di posta per il cambio dei cavalli, detta "Stallazzo del Sole".
Piu' avanti, sulla sinistra, del gruppo delle Cascine del Torchio risalenti al tardo medioevo, sopravvive, monumento nazionale, la Cascina Cuccagna, di cui molto si parla in zona negli ultimi tempi quanto al suo riutilizzo. Non mi dilunghero' su di essa, e mi limitero' a dire che l'attribuzione del suo nome all'albero della cuccagna che un oste vi avrebbe installato non e' certa. Dopo l'incrocio con viale Umbria, ove ora la strada cambia nome in Tertulliano, sulla sinistra, per quanto completamente ristrutturata, rimane la cascina Graffignana, ora sede di un locale pubblico, ed e' ben visibile anche grazie agli alberi che le fanno da cornice.
Proseguendo nella via Tertulliano, si oltrepassano i binari che all'inizio del secolo portavano alla Vetreria (attuale plesso Einstein - Verri), e di cui rimane traccia tra i condomini di via Tertulliano: una strisca verde che sbuca in via Tacito, l'attraversa e si immette nella ferrovia di Porta Romana. Piu' avanti ancora, sulla sinistra, resta ben conservata la Cascina Boffalora, che costeggia la roggia Gerenzana, recentemente oggetto di bonifica, che e' un corso d'acqua che ha origine dal Seveso nella zona della Stazione Centrale (via Ponte Seveso), costeggia i bastioni e la chiesa dei Cappuccini di viale Piave, e poi all'altezza di via Spartaco si getta a sinistra, costeggiando l'antica strada Paullese, per poi attraversare piazza Insubria, via Carabelli (da uno degli stabili dovrebbe essere visibile un suo tratto), per poi costeggiare via Venosa e dirigersi verso Triulzo.
A questo punto l'odierna via Tertulliano e' interrotta del ponte di viale Puglie, ma prosegue al di la' nel Parco Alessandrini. Attenzione pero', perche' a un certo punto da essa si diparte la via Sacile, che porta al passaggio a livello, mentre la via Tertulliano, che in tempi non remoti aveva infatti un passaggio a livello, prosegue al di la' della ferrovia, prima in una traversa senza uscita (e senza nome) di via Sulmona, e poi nell'ultimo tratto, che un tempo la ricongiungeva alla vecchia strada Paullese.
Quest'ultima area prende il nome di Castagnedo, ed era caratterizzata, oltre che da un bosco di castagni, come suggerisce il nome, da una importante cascina. Ma il vero tesoro di questo borgo, un monumento nazionale oggi ridotto a poco piu' che un rudere, e' la chiesa di Sant'Anna. La sua storia e' una delle tante di incuria, abbandono e interessi privati che caratterizzano il nostro patrimonio artistico. La localita' apparteneva gia' nel dodicesimo secolo alle monache di Santa Margherita, mentre nel tredicesimo secolo ospitava una comunita' di monache umiliate, le quali vi eressero una chiesa dedicata a Santa Maria. Unitesi al monastero di Santa Maria della Vittoria, il fondo torno' alle precedenti monache, fino alla soppressione, avvenuta a fine Settecento. Nel frattempo Santa Maria aveva cambiato il nome in Sant'Anna di Castagnedo.
Unico residuo della cascina, la chiesetta fu sottoposta a vincolo in quanto conteneva affreschi di notevole pregio: le Tre Marie, dipinte sopra un altro affresco, ed altri, tra cui una immagine miracolosa di San Carlo, che il 24 giugno del 1601 avrebbe risanato una donna paralitica da nove anni. Due altri affreschi quattrocenteschi vennero poi staccati ma danneggiati da vandali, e sono ora di proprieta' di un privato. Il vincolo e' stato tolto, ma per fortuna la chiesetta, pur ridotta a un rudere, e' stata risparmiata e rimane come monito a non affidarsi troppo ai vincoli monumentali e a proteggere in maniera piu' concreta le bellezze della nostra citta'.